Ricordo di Italo Lana
Nel novembre del 1969, in un’aula del nuovo palazzo umanistico dell’Università
di Torino, folta di studenti stranamente tranquilli, dati i tempi, aspettavo
con qualche trepidazione l’arrivo di un professore sui cui libri avevo studiato
intensamente per tutti gli anni liceali. Mi apparve un po’ diverso da come
l’avevo immaginato: più alto e imponente. Nell’emozione non mi accorsi che
tutti si stavano alzando in piedi e una compagna dovette segnalarmelo. Era
insolito ormai, in clima di contestazione, ma Italo Lana lo pretendeva e lo
otteneva senza difficoltà: segno esteriore di un rispetto che non volle mai
venisse meno, reciprocamente, fra docenti e studenti.
La prima annotazione che trovo negli appunti di quel corso è la
citazione di Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione: senza
commenti, solo un rinvio. Rileggendo ora il saggio[1]
mi rendo conto, meglio di quanto allora potessi fare, delle implicazioni
importanti che il discorso di Weber aveva per lui e dello spazio che queste
posizioni ebbero nel suo concreto agire come ‘scienziato’ e come ‘maestro’.
Penso in particolare all’accento posto insistentemente da Weber sulla ‘probità
intellettuale’ che deve stare alla base del lavoro del docente universitario,
il cui compito consiste nel comunicare agli allievi le proprie conoscenze e le
proprie esperienze scientifiche, non nel fare proselitismo, nell’insegnare anzi
a “rendersi conto dei fatti imbarazzanti” per la propria “opinione di partito”.
Se assolve a questo compito, continua Weber, il professore universitario compie
“un’opera non soltanto intellettuale, ma – oserei dire – un’ «opera morale»”
(pp. 30 s.). Ebbene, questa connessione profonda tra moralità scientifica e
moralità umana è stata sempre un punto qualificante della visione degli studi
di Italo Lana: parlando dei suoi maestri, nella “Conversazione” con Giovanna
Garbarino e Lucio Bertelli pubblicata in apertura del volume di studi
dedicatogli dagli allievi alcuni anni fa, egli sottolinea ripetutamente la
statura morale degli studiosi (Rostagni, De Sanctis, Momigliano) e individua
come caratteristica peculiare dello studio delle discipline classiche
nell’Università torinese il legame tra “gli aspetti tecnici del lavoro
scientifico” e “la saldezza della formazione morale degli studiosi … con la
riconosciuta supremazia dei valori propri dell’uomo”[2].
Di tali valori il primo, “qualificante l’uomo in quanto uomo (e tanto più
l’uomo di cultura)”, è indicato da Italo Lana nella fede nella libertà, tanto
gravemente conculcata dal fascismo e dal nazismo nel secolo XX: le vicende del
padre, che perse il lavoro per aver collaborato ad organizzare gli scioperi
delle ferrovie immediatamente precedenti l’avvento del fascismo in Italia, la
propria prigionia in Germania negli ultimi due anni del secondo conflitto
mondiale, avevano certo contribuito a rendere acuta la sua sensibilità sul tema
della libertà, con l’analisi del quale nel mondo antico non a caso egli aprì,
nella prolusione pisana del 1953[3],
e concluse, nel corso universitario del 1990-91[4],
la sua attività di docente universitario.
Le scelte tematiche di ampio respiro furono invero una costante
della sua attività di studioso: accanto a quello della libertà si pongono, in
perfetta coerenza di prospettiva, i temi della pace[5]
e del lavoro[6], che
realizzano nell’impegno di ricerca quella centralità dei “valori dell’uomo”[7]
a cui lo orientava la sua posizione di intellettuale cattolico. Una posizione
chiaramente affermata e perseguita, senza settarismi, con totale rispetto delle
posizioni diverse dalle sue. Italo Lana attribuisce all’influenza di Giuseppe
Lazzati, incontrato nel campo di Sandbostel, e alle lezioni che lo studioso di
Letteratura cristiana antica, già allora illustre, tenne ai compagni di
prigionia sulle epistole di S.Paolo, la propria “riscoperta della fede in Dio”
e la maturata consapevolezza di ciò che “è essenziale e irrinunciabile per
l’uomo”.
Anche ad un altro studioso di Letteratura cristiana antica Italo
Lana conferisce rilievo, nell’ambito della scuola torinese, come portatore dei
valori di umanità in cui egli si identificava: Michele Pellegrino[8].
Nel rievocarne la figura gentile che “vedeva negli studenti e nei colleghi
anzitutto l’uomo”, egli ne sottolinea con particolare forza la parrhesía,
dimostrata non solo come studioso, ma soprattutto come vescovo: significativo è
l’accento che pone sugli interventi del cardinale al Concilio Vaticano in
difesa della libertà di ricerca e di espressione che la Chiesa deve garantire a
chi svolge lavoro intellettuale. L’uomo, e in particolare l’intellettuale,
inserito nella “comunità di cittadini”, il suo rapporto con l’autorità, lo
spazio di autonomia che riesce – o non riesce – a costruirsi rispetto allo
stato e ai condizionamenti che esso gli pone: ecco un altro dei grandi temi che
attraversano l’attività di ricerca di Italo Lana, declinato in forme diverse,
dai primi studi orientati all’indagine del pensiero politico greco (in
particolare sui Sofisti e le loro idee in merito all’origine dello stato, sulle
teorie egualitarie degli utopisti greci, sui precedenti del cosmopolitismo
cinico-stoico[9]),
ai successivi dedicati al mondo latino, su Velleio Patercolo e Quintiliano
“propagandisti” o “collaboratori” del potere politico[10],
sulla storiografia, da Sallustio a Tacito al basso impero[11],
e infine a Seneca, l’autore antico che più di ogni altro Italo Lana certo ha
amato, e di cui ha indagato in studi sempre attuali la parabola politica e
spirituale, l’inquieta ricerca di un ruolo, il colloquio con l’umanità[12].
L’interesse che muove gli studi di Italo Lana è rivolto, con tutta
evidenza, ai contenuti di cui le letterature antiche sono portatrici, mentre
molto meno lo interessano le strutture formali: ad esse egli dedica attenzione
ogni volta che la loro chiarificazione giova alla migliore comprensione del
messaggio comunicativo del testo. Quel che gli preme è giungere al pensiero
dell’autore, alle sue idee, ai valori che propone, ricostruire il contesto
storico in cui operò: storia delle idee, dunque, e anche storia degli uomini,
in una prospettiva che avvicina i suoi studi di storico della letteratura a
quelli degli storici propriamente detti. Ho vivo il ricordo degli interventi di
Italo Lana nelle numerose e ampie discussioni che accompagnarono negli anni ’80
la formazione dei Dipartimenti, a sostituzione degli antichi Istituti, per il
coordinamento della ricerca universitaria: in tali interventi più volte egli
tenne a ribadire quanto ritenesse fondamentale che gli insegnamenti delle
discipline storiche si accompagnassero a quelli delle letterature coeve nelle
stesse strutture di ricerca e molto si rammaricò quando questa prospettiva
scientifica si scontrò con la tendenza degli storici ad aggregarsi fra loro
diacronicamente, separandosi dagli altri ambiti disciplinari.
Da questa impostazione derivava a Italo Lana anche l’apertura programmatica ad
una gamma di testi particolarmente ampia. Soleva dire a studenti e laureandi, e
lo ribadisce nella citata Conversazione, che tutta la documentazione scritta va
tenuta in considerazione per “ricostruire le vicende di una civiltà e il suo
sistema di valori”, dalle opere letterarie alle tavolette di Vindolanda,
all’epigrafe della moglie del sellaio di Corfinio[13]:
un bellissimo seminario specialistico interdisciplinare ricordo, in anni
lontani, in cui analizzammo insieme, storici e letterati del mondo antico
dell’Università di Torino, l’epigrafe del mietitore di Mactar, unendo
riflessioni sugli echi virgiliani presenti nel breve componimento poetico a
considerazioni sulle pratiche e sulla cultura dei lapicidi, sulle condizioni
dell’Africa romana e della sua economia. E tale ampiezza di sguardo si esprime
anche nell’interesse che egli dimostrò per il tema della concezione della
scienza e della tecnica: pagine di Vitruvio, Manilio, Grazio, Celso e Scribonio
Largo vengono analizzate da Italo Lana, insieme ad altre di Orazio, Fedro,
Seneca, Tacito, Svetonio, per illuminare le idee sul progresso delle conoscenze
umane e individuare il rapporto tra cultura ‘umanistica’ e cultura
tecnico-professionale[14].
Che è un altro modo per prestare attenzione alla società e al lavoro dell’uomo
in essa, sia egli un contadino di Mactar, un medico, un architetto, un filosofo
o un poeta. Di nuovo il letterato si avvicinava allo storico, e forse storico
del mondo antico Italo Lana avrebbe amato essere considerato, ancor prima che
letterato.
All’insegnamento di Augusto Rostagni, allievo di Gaetano De
Sanctis, egli attribuiva questo modello metodologico di unione di filologia e
storia, e al Rostagni faceva risalire anche quella concezione unitaria del
mondo greco e romano, come un’unica ‘civiltà letteraria’ esprimentesi in due
lingue, che sempre ricordo di avergli sentito ribadire ad ogni generazione di
allievi [15]. A
questa idea del maestro, fatta così intensamente propria, egli diede non molti
anni fa (1998) una splendida realizzazione con la pubblicazione presso la casa
editrice UTET dei tre volumi di Storia della civiltà letteraria greca e Romana,
curata insieme ad Enrico Maltese.
L’opera costituisce uno dei più recenti risultati di una vasta
progettualità editoriale a cui Italo Lana si dedicò in tutto il corso della sua
attività e fino agli ultimi giorni della vita. Ancora un mese prima della sua
scomparsa, nell’ultimo lungo e affettuoso incontro che ebbi con lui, lo trovai,
seppure un po’ affaticato, alla scrivania del suo studio intento a organizzare
i nuovi volumi delle collane dei classici greci e latini della UTET,
proponendone i contenuti, prendendo contatto con gli autori, conducendo i
contratti alla firma; quasi a contendere alla fine imminente, di cui era
conscio, il dominio su quel futuro verso il quale il suo ancora intatto vigore
intellettuale era teso.
Tensione verso il futuro e apertura al nuovo furono del resto
caratteristiche costanti del suo operare nell’Università e fuori di essa. Sono
note la capacità propositiva e la lungimiranza che lo portarono a promuovere
nell’Università di Torino l’inserimento di nuove discipline di insegnamento,
alcune delle quali destinate ad un notevole successo, in seguito, anche in
altri Atenei italiani: la storia del pensiero politico antico, la storia della
retorica classica, la didattica delle lingue classiche. In particolare
l’attenzione per la didattica faceva parte dell’interesse vivissimo che Italo
Lana sempre ebbe nei confronti della scuola, tema di tanti suoi interventi su
giornali e riviste specializzate e in convegni dedicati alla scuola secondaria,
ad ogni nuovo progetto di riforma che nei decenni si è venuto succedendo[16]:
ben prima dell’attuazione delle SSIS (Scuole di Specializzazione per Insegnanti
Secondari) egli propugnava la collaborazione organica tra università e scuola
secondaria per la formazione dei nuovi insegnanti, che ora si sta dimostrando
feconda di buoni risultati, e tale collaborazione tentava di realizzare
nell’ambito della sua attività didattica torinese organizzando alla fine di
ogni anno seminari residenziali a cui erano invitati a partecipare gli studenti
che in quell’anno avevano seguito i seminari universitari di latino, i
laureandi di letteratura e lingua latina, i laureati di diverse età che
operavano già a vario titolo nelle scuole o nell’editoria scolastica. Per molti
dei giovani che in tal modo egli radunava periodicamente, questi incontri,
fatti di lavoro comune, ma anche di convivialità e di approfondimento del
rapporto umano col maestro e con i compagni – aspetti di ‘condivisione’ ai
quali Italo Lana molto teneva – rimangono tra i momenti più vivi della loro
esperienza universitaria.
L’attenzione per i giovani e l’apertura al nuovo si manifestano
anche nell’interesse con cui Italo Lana seguì fin dall’inizio gli sviluppi
delle nuove tecniche informatiche per la realizzazione di banche dati di testi
e il lavoro su di essi. Già a metà degli anni ’80 invitò gli allievi che
lavoravano con lui a seguire un corso di informatica e ricordo l’affaticarsi di
alcuni colleghi e mio sui diagrammi di flusso. Quando qualche tempo dopo scoprì
che stavo preparando col mezzo tradizionale di innumerevoli schedine un lessico
di base per lo studio di un testo tardo-antico che allora avviavo, con
autorevole fermezza mi indusse ad avvalermi dei nuovi mezzi informatici di
indicizzazione. Era anche tra i fautori dell’apertura di riviste informatiche,
che consentissero la fruizione on-line dei risultati del lavoro scientifico, e
qualche anno fa volle pubblicare un suo articolo, oltre che sulla Rivista di
Filologia e di Istruzione classica, anche su Arachnion, rivista elettronica
curata da Emanuele Narducci e Maurizio Lana [17].
L’impegno a parlare con voce moderna, nei metodi di indagine e nei
contenuti, per adeguarsi alla sensibilità degli allievi e suscitare il loro
interesse e insieme per mostrare la vitalità dello studio delle letterature
antiche, capaci di confrontarsi proficuamente coi prodotti più recenti
dell’ingegno umano, è uno dei caratteri costanti del lavoro di Italo Lana. E’
il carattere che molti studenti, come me, hanno incontrato per primo negli anni
liceali, in particolare nella fortunata Antologia della letteratura latina,
curata insieme ad Armando Fellin, per tanti anni largamente diffusa nelle
scuole italiane [18].
Sfogliando le prime pagine del terzo volume, un po’ sgangherato dal tempo e
dall’intenso uso, ritrovo nel capitolo dedicato ad Adriano i numerosi rinvii
alle letterature europee contemporanee, che arricchiscono l’opera di echi e
suggestioni: dalla fantasia paesaggistica di Kafka, nella passeggiata della
Descrizione di una battaglia, accostata alla fantasia ‘realizzata’ della villa
adrianea, all’interpretazione romantica di Byron dell’animula vagula blandula,
all’ampia pagina delle Mémoires d’Hadrien di Marguerite Yourcenar riportata a
illustrazione di un’interpretazione intimistica moderna da cui si prendono le
distanze. Un’attualizzazione critica e prudente, che apre un dialogo fecondo
tra autori antichi e moderni e intende mostrare quanto, nella reciproca ben
definita individualità, la letteratura del mondo antico sia presente nella
formazione e nella memoria dei moderni, tanto da costituirne un presupposto
imprescindibile: quale modo migliore per ribadire la necessità di mantenere
spazio adeguato all’insegnamento delle letterature classiche nella scuola di
oggi, tentata dall’oblio dell’antico?
Quanto siamo venuti dicendo sugli interessi e sul lavoro di Italo
Lana ci trasmette l’immagine di un uomo positivo, proiettato nell’azione e
nella società. Ma questa proiezione all’esterno era accompagnata da una
profonda interiorità, che si manifesta in particolare negli studi sulla poesia
di Virgilio[19].
L’interpretazione che Italo Lana ne propone si organizza intorno ai temi
dominanti del dolore e della morte. La sofferenza e la morte degli innocenti
suscitano domande senza risposta al poeta antico: i giovenchi nelle Georgiche
muoiono benché siano senza colpa e si siano sottomessi all’etica del lavoro:
quid labor aut benefacta iuvant? La magia del canto non sa rivelare ad Orfeo il
mistero della morte. Anche quando Enea è giunto nell’Ade e pare aver ricevuta
da Anchise la risposta ad ogni interrogativo, con la rivelazione “che la vita
dell’uomo, la sua virtus, i suoi labores, la sua morte hanno senso perché
porteranno alla nascita di Roma, del suo impero, alla diffusione della civiltà
tra gli uomini” [20],
l’assurdo della condizione umana si riaffaccia subito col destino di morte del
giovinetto Marcello, bello, generoso, innocente: manibus date lilia plenis, per
il primo dei giovani morti che si succedono trapuntando di dolore senza
conforto la seconda parte del poema di Enea.
La poesia come ricerca del senso dell’esistenza umana, il cui
colore dominante è l’infelicità: è suggestiva l’analisi dell’idea di felicità
in Virgilio[21],
sempre posta in un altrove e mai attualmente vissuta: riconosciuta negli altri,
che ne sono inconsapevoli, o ipotizzata come una possibilità che non si è
realizzata; identificata in ogni caso con la quies, la requies laborum,
l’uscita dalla storia, anche con la morte, come nel caso di Polissena e della
madre di Pallante.
Il senso che la storia, nel realizzare il destino provvidenziale
di Roma, dà alla morte dell’individuo non basta per superarne l’angoscia: ecco
la ragione profonda della malinconia virgiliana, nella prospettiva di Italo
Lana, per il quale la gioia del vivere e la serenità del morire avevano bisogno
di prospettive più vaste e universali.
Raffaella Tabacco
[Pubblicato nel Bollettino di Studi Latini, XXXII, f. II]
Note
1.
Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1948
2 Cf.
Conversazione, in De tuo tibi. Omaggio degli allievi a Italo Lana, Bologna,
Pàtron, 1996, p. 38.
3 La
libertà nel mondo antico, Prolusione al corso di Letteratura latina
nell'Università di Pisa, in Riv. di Filol. e di Istruz. Class. 33, 1955, pp.
1-28 (ripubblicato in Studi sul pensiero politico classico, Napoli, Guida,
1973, pp. 13-39).
4 Studi
sulla libertà nell'antica Roma, Torino, Giappichelli, 1991.
5 Su
questo tema Italo Lana lavorò per un trentennio; si vedano, fra gli altri, La
pace nel mondo antico, in Studia et Docum. Hist. et Iuris 33, 1968, pp. 1-18;
L'idea della pace in Aristotele, Cicerone, Agostino , in AA.VV. Cultura e
lingue classiche II, Secondo Convegno di aggiornamento e di didattica (Roma 31
ottobre - 1 novembre 1987), a cura di B. Amata, Roma, 1988, pp. 27-66; Studi
sull'idea della pace nel mondo antico, in Mem. dell’Acc. delle Scienze di
Torino 5. 13. 1-2, 1989, pp. 3-68; L'idea della pace in Orazio, in AA.VV.,
Mnemosynum. Studi in onore di Alfredo Ghiselli, Bologna, Pàtron, 1989, pp.
327-334; La concezione ciceroniana della pace, in Ciceroniana, Atti del VII
Colloquium Tullianum (Varsavia, 11-14 maggio 1989), Centro di Studi
ciceroniani, n.s. VII, Roma, 1990, pp. 45-59; L'idea della pace nell'antichità,
S. Domenico di Fiesole, Ed. Cultura della Pace, 1991; Il pensiero di Sallustio
sulla pace, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 125, 1991, pp. 15-29;
Tacito: l'idea della pace, in Atti del Convegno nazionale di Studi su La pace
nel mondo antico (Torino 9-11 aprile 1990), a cura di R. Uglione, Torino, Ass.
Ital. di Cult. Class., 1991, pp. 227-241.
6 Cf.,
fra gli altri, L'idea del lavoro a Roma, Torino, Giappichelli, 1984; Sapere,
lavoro e potere in Roma antica, Napoli, Jovene, 1990. Il tema non è affrontato
solo nei suoi aspetti teoretici, ma anche in quelli materiali delle condizioni
dei lavoratori: si vedano in particolare La condizione dei minatori nelle
miniere secondo Plinio il Vecchio e altri autori antichi, in Mem. dell’Acc.
delle Scienze di Torino 5. 9, 1984-1985, pp. 143-177; Plinio il Vecchio:
miniere d'oro e minatori (Nat. Hist. XXXIII 70-73), in Aufidus 10, 1990, pp.
147-160.
7 Cf.
Conversazione cit., p. 32: “nei mesi del lager maturai l’orientamento di porre
l’uomo e i valori dell’uomo … al centro dell’interesse dei miei studi rivolti
al mondo antico”.
8 Cf.
Conversazione cit., pp. 34 ss.
9 L'utopia
di Ippodamo di Mileto, in Rivista di Filosofia 40, 1949, pp. 125-151;
Protagora, Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università
di Torino 2.4, Torino, 1950; Diagora di Melo, in Atti dell’Acc. delle Scienze
di Torino 84, 1949-1950, pp. 161-205; Le dottrine di Protagora e di Democrito
intorno all'origine dello Stato, in Rendic. della Classe di Scienze morali,
stor. e filol. dell’Accad. dei Lincei 8. 5, 1950, pp. 184-211; Le teorie
egualitarie di Falea di Calcedone, in Riv. critica di Storia della Filos. 5,
1950, pp. 265-276; L'utopia di Teopompo, in Paideia 6, 1951, pp. 1-22; L'etica
di Democrito, in Rivista di Filosofia 42, 1951, pp. 13-29 (tutti questi lavori
sono ripubblicati nel volume Studi sul pensiero politico classico, cit. sopra
n. 3).
10
Si veda in particolare: Velleio Patercolo o della propaganda, Pubblicazioni
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino 4.2, 1952; La
teorizzazione della collaborazione degli intellettuali con il potere politico
in Quintiliano, Institutio oratoria, libro XII, Torino, Giappichelli, 1973.
11
La storiografia del basso impero. La dissoluzione della storiografia pagana
negli ultimi secoli di Roma, Torino, Gheroni, 1963; Le Historiae di Tacito,
Torino, Giappichelli, 1968; Solitudine di Sallustio. (Dalla politica alla
storiografia), in AA. VV., Sallustiana, Università de L'Aquila, 1969, pp.
65-78; Civilis, civiliter, civilitas in Tacito e in Svetonio. Contributo alla
storia del lessico politico romano nell'età imperiale, in Atti dell’Acc. delle
Scienze di Torino 106, 1972, pp. 465-487; Tacito. L'intellettuale e il potere,
Torino, Giappichelli, 1977; La storiografia latina pagana del IV sec. d. C., in
Koinonia 3, 1979, pp. 7-28.
12
Cf. almeno Lucio Anneo Seneca, Biblioteca di filologia classica, Torino,
Loescher-Chiantore, 1955; L. Anneo Seneca e la posizione degli intellettuali
romani di fronte al principato, Torino, Giappichelli, 1964; Seneca e la
politica, Torino, Giappichelli, 1970; I principi del buon governo secondo
Cicerone e Seneca, Torino, Giappichelli, 1981; Seneca: la vita come ricerca, in
AA.VV. Seneca e la cultura, a cura di A. Setaioli, Napoli, 1991, pp. 11-31.
13
Cf. Conversazione cit., p. 40.
14
Scienza, tecnica e lavoro nel mondo antico, in Studium, 1965, pp. 366-371; La
concezione della scienza e della tecnica a Roma da Augusto a Nerone, I.
Antologia di testi, II. Lezioni, Torino, Giappichelli, 1970-71; Scienza e
tecnica a Roma da Augusto a Nerone, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino
105, 1971, pp. 19-44.
15
Cf. ancora Conversazione cit., pp. 31, 34, 36, 38.
16
Cf. fra gli altri Qualche pensiero sulla questione del latino nella scuola
italiana, in Studium, 1962, pp. 502-509; Per una riforma dello studio del
latino e del greco nei licei classici, in Studium, 1965, pp. 179-190; Il latino
nella cultura e nella scuola, in Ann. Pubbl. Istr. 29. 6, Firenze, Le Monnier,
1983, pp. 661-668; L'educazione linguistica nella scuola media e il riferimento
all'origine latina dell'italiano, in Dal latino all'italiano. Lingua e civiltà,
Atti del seminario di aggiornamento per docenti di scuola media di I grado a
cura di M. Bevilacqua e D. Lassandro, (Bari, Istituto di Latino dell'Università
degli Studi 20 gennaio - 24 marzo 1983), Bari, Mario Adda Editore, 1983, pp.
21-35; La conoscenza dell'antico nella scuola di oggi e di domani, in Studium,
1984, pp. 711-724; Il posto della letteratura latina nello studio delle civiltà
antiche, in AA.VV. Il latino e il greco nella scuola oggi. Esigenze e strumenti
per la didattica, Foggia, Atlantica Ed., 1985, pp. 67-85; La storia della
civiltà letteraria greca e romana e la religione, in AA. VV., Giovani, cultura
religiosa e scuola, a cura di A. Santoro, Roma, UCIIM, 1986, pp. 204-219;
Introduzione a AA.VV., Il latino nella scuola secondaria, a cura di I. Lana,
Brescia, La Scuola, 1990, pp. 5-13; Gli autori antichi nella scuola di oggi,
ibidem, pp. 40-52; Riflessioni sulla didattica del latino, in Aufidus 11-12,
1990, pp. 85-100.
17
Q. Giulio Ilariano e il problema della storiografia latina cristiana nel IV
secolo, in Riv. di Filol. e di Istruz. Class., 123, 1995, pp. 73-89, diffuso
anche in edizione elettronica in
Arachnion. A Journal of Ancient Literature and History on the Web, 3.
18
Antologia della letteratura latina. I. Dalle origini all'età di Cicerone; II.
Da Augusto a Traiano; III. Da Adriano a Onorio, Messina-Firenze, D'Anna,
1965-1969 (in collaborazione con A. Fellin).
19
La poesia di Virgilio, Torino, Giappichelli, 1966; La poesia di Virgilio2,
Torino, Giappichelli, 1974 (con due contributi di C. Carena e C. Magris);
L'eroe epico e il mistero della conoscenza: un tentativo di lettura
dell'Eneide, in Atti dell’Acc. delle Scienze di Torino 108, 1974, pp. 655-685;
Gli umili nella poesia di Virgilio, in Cultura e Scuola, 1982, pp. 60-68;
L'Eneide, poema incompiuto, in Studium, 1983, pp.49-56; Lettura del terzo libro
dell'Eneide, in Lecturae Vergilianae, a cura di M. Gigante, vol. III, L'Eneide,
Napoli, Giannini, 1983, pp. 101-128; La poesia di Virgilio. Un itinerario di
lettura, in AA.VV. Vergilius Romanus II: Volume di commento all'edizione in
facsimile del codice Vat. Lat. 3867, a cura di I. Lana, Milano, Jaca Book,
1986, pp. 13-42 (trad. ted. Vergils Dichtung: ein Leitfaden zur Lektüre,
Zürich, Belser Verlag, pp. 233-267).
20
Cf. Italo Lana, Virgilio, in Storia della civiltà letteraria greca e Romana
cit., vol. II, p. 684.
21
Virgilio e la felicità, in Atti del convegno nazionale di studi su Virgilio
(Torino 1-2 maggio 1982), a cura di R. Uglione, Torino, AICC, 1984, pp. 35-53;
Quid de felicitate Vergilius senserit, in Atene e Roma n.s. 29, 1984, pp.
56-69.